domenica 25 ottobre 2015

HACCP e sicurezza alimentare


Hazard Analysis and Critical Control Points, in breve HACCP: una sigla che vediamo spesso sulla porta d’ingresso di ristoranti e bar e che sentiamo nominare da cuochi, camerieri, operatori nel settore food.

Tradotto e spiegato in breve, significa: “Metodo di autocontrollo che permette di individuare i pericoli derivanti da alimenti, di valutarli e di stabilire le misure preventive per tenerli sotto controllo”. Ma di che cosa si tratta esattamente? Ne parliamo con Massimo Gelati, imprenditore, presidente e fondatore del Gruppo Gelati, autore del volume La sicurezza alimentare. Manuale per l’applicazione dell’HACCP, edito da Plan.


Partiamo dalle basi: che cos’è l’HACCP?

 

È un metodo di lavoro nato negli anni Sessanta negli Stati Uniti con uno scopo ben preciso: garantire dei pasti sicuri agli astronauti delle missioni Apollo. In condizioni così diverse da quelle abituali è più
complesso, ma anche indispensabile, garantire la sicurezza del cibo fornito all’equipaggio, che deve rispettare tutte le norme igieniche e i criteri di conservazione necessari. Sono state quindi sviluppate delle tecniche avanzate di controllo degli alimenti: tecniche di tipo “preventivo” volte a contenere i possibili rischi di contaminazione alimentare entro i limiti critici. Queste tecniche hanno avuto successo, tanto che il sistema si è diffuso anche al di fuori delle missioni spaziali.


Fino a diventare un criterio obbligatorio nel settore alimentare…

 

Parlando dell’Europa, risalgono agli anni Novanta le direttive che rendono obbligatoria l’adozione del sistema HACCP lungo tutta la filiera, nelle operazioni successive alla produzione primaria. Questo vuol dire che il metodo HACCP deve essere rispettato nell’industria che si occupa delle materie prime o della trasformazione dei prodotti, ma anche da chi si occupa del trasporto di alimenti, del confezionamento ecc. Ancora più importante è l’applicazione delle norme HACCP nel settore della ristorazione, dove non è possibile effettuare controlli finali sul piatto preparato: è fondamentale, dunque, agire a livello preventivo.

Facciamo un esempio pratico per chi vuole gestire un ristorante o un bar. Quali sono i passi da seguire per agire nel rispetto del sistema HACCP?

 

Bisogna prima passare da una fase di progettazione teorica, cioè fare un’analisi dei rischi, che sono in parte comuni a tutte le imprese che operano nel settore alimentare, in parte specifici per ogni esercizio commerciale. Per questa fase è bene affidarsi a un esperto: esistono figure di specialisti che si occupano proprio di questa analisi. Il risultato è che ogni azienda, ogni locale, ogni ristorante arriva ad avere il proprio Manuale HACCP, redatto ad hoc in base alle caratteristiche dell’impresa, degli spazi in cui opera, della tipologia di prodotti trattati e della modalità di somministrazione.

L’insieme delle norme contenute nel Manuale rappresenta il cosiddetto “Piano di autocontrollo”, che riunisce le buone prassi igieniche, non solo rispetto agli alimenti ma anche per quanto riguarda i locali, le attrezzature, l’abbigliamento di chi lavora…


E per quanto riguarda il personale? Cuochi, aiuto-cuochi e camerieri devono possedere un certi­ficato che attesti la loro conoscenza delle norme HACCP. Ormai esistono corsi di poche ore e corsi online che permettono di ottenere il certificato in tempi rapidissimi: come orientarsi per ricevere una formazione valida?

 

Consiglio sempre ai datori di lavoro di organizzare corsi nel locale stesso, tenuti da chi ha redatto il Manuale HACCP dell’azienda: questo garantisce che i dipendenti siano a conoscenza delle problematiche e delle norme specifiche di quell’esercizio, non solo delle norme valide per tutti. È anche importante che ogni dipendente assimili il comportamento più corretto per il ruolo che ricopre. Non ci deve essere scollamento tra teoria e pratica: quando sento dire a qualcuno che lavora seguendo
il proprio metodo e in più fa alcune cose per rispettare l’HACCP, capisco che quella persona non sta agendo come si deve. Bisogna lavorare secondo l’HACCP, sentendolo come un metodo imprescindibile in ogni fase del lavoro.

La sharing economy (economia di condivisione) sta portando a nuove forme di ristorazione: prendiamo il caso di quei siti internet che permettono di andare a cena da un perfetto sconosciuto e sperimentare una cucina in tutto e per tutto “casalinga”. Che ­ ne fanno in questo caso le buone norme HACCP?

 

Questo è un caso in cui il metodo HACCP viene in qualche modo “aggirato”: le norme non sono considerate obbligatorie perché si riesce a dimostrare che l’attività non ha un . ne commerciale. Ma si tratta di un escamotage: la possibilità di una contaminazione alimentare esiste; chi aderisce deve esserne consapevole e assumersi il rischio.


Chi controlla che le norme del Manuale HACCP siano effettivamente rispettate? Quali possono essere le sanzioni in caso contrario?

 

Esistono diversi enti preposti al controllo tra cui le ASL (Aziende Sanitarie Locali) e i NAS (Nuclei Antiso fisticazioni e Sanità). I controlli possono essere di tre tipi: pianificati (annuali), non piani. cati, controlli effettuati a seguito di denunce. Le sanzioni legali (civili, penali o amministrative) possono essere anche molto pesanti. Nei casi d’intossicazione, per esempio, possono esserci richieste di risarcimento ma anche sospensioni dei permessi. Non sono cose da sottovalutare: ho visto grandi chef impiegare anni per raggiungere il successo e poi riuscire a rovinare tutto in pochi minuti.

Nessun commento:

Posta un commento